domenica 15 luglio 2012

Andata senza ritorno

Trenitalia potrebbe ambire a diventare simbolo dell’Italia. Chi non ha nella sua memoria un “viaggio della speranza” sopra vagoni che ricordano vagamente i carri per il bestiame? Quanti ricordano le interminabili attese sotto i cartelloni elettronici dove (troppo spesso) il nome del treno sparisce senza spiegazioni? Recentemente l’Emilia Romagna ha dato il ben servito all’azienda per la pessima gestione del “problema neve” di quest’inverno, segno che qualcosa non funziona.
Negli ultimi mesi sono due le vicende principali che hanno coinvolto Trenitalia. La prima risale al dicembre del 2011, e riguarda il licenziamento di 800 addetti alle cuccette per treni notturni. Causa di ciò è il cambio dell’azienda in subappalto che li gestisce.
Un'interrogazione parlamentare del 30 dicembre 2011 presentata da Antonio Di Pietro dice: "800 lavoratori della Servirail, Wasteels e Rsi (cuccettisti e manutenzione del servizio treni notturni) presenti su tutto il territorio nazionale e in particolare a Roma, Milano, Napoli e Torino, sono stati licenziati l'11 dicembre 2011 [...]. il 24 maggio 2011 Trenitalia ha modificato di fatto unilateralmente il contratto in essere con Servirail e Wasteels, anticipandone la scadenza". Trenitalia ha infatti rescisso l’accordo precedente in favore dell’azienda francese Veolia Transport. Alcuni degli ex dipendenti hanno protestato contro alcune irregolarità nel cambio dell’appalto e nella non trasparenza della stessa, nonché per il mancato riassorbimento del personale. A oggi, infatti, solo alcuni sono stati reintegrati (con altre mansioni e, a quanto si legge nella stessa interrogazione parlamentare, senza contratto regolare) all’interno dell’attuale società affidataria. Secondo il sindacato Fast Ferrovie (che ha dichiarato sciopero per i giorni del 19 e 20 luglio 2012) alcune mansioni saranno riservate a personale francese quando prima era di competenza di personale italiano. “Le Organizzazioni Sindacali hanno più volte richiesto un tavolo di confronto che potesse portare ad una soluzione condivisa, ma a tutt’oggi non vi è stata alcuna discussione di merito”. Continua il comunicato: “La frammentazione del settore ha comportato nel corso dell’ultimo triennio il moltiplicarsi delle società aggiudicatarie e affidatarie dei servizi erogati alle imprese ferroviarie, ciò ha avuto quale conseguenza la perdita di numerosi posti di lavoro, il ricorso massivo agli ammortizzatori sociali e il dumping contrattuale. La contrazione dei servizi e delle risorse ha inoltre acuito le difficoltà nel regolare pagamento delle retribuzioni”.
Il sindacalista Fast Ferrovieri accusa: “Il sindaco Piero Fassino si rifiuta di riceverci e l'assessore regionale ai Trasporti Barbara Bonino non ha fatto nulla di concreto per darci una mano".

Vicenda molto simile è quella delle 170 operatrici di call center di Trenitalia che sono state licenziate a giugno. Anche per loro il problema è da individuarsi nella società affidataria (Format Contact Center), motivo per cui Trenitalia respinge qualsiasi accusa. Intanto però le operatrici non hanno percepito lo stipendio degli ultimi due mesi di lavoro e, a seguito dello sciopero da loro organizzato, si sono ritrovate con i badge smagnetizzati, e quindi licenziate. Una manovra (se è vero quanto loro stesse hanno dichiarato in un’intervista) che ha alla base un concetto spaventoso: “scioperi e ti licenzio!”.
Almaviva, la società che subappaltava alla Format la gestione dei Call Center di Trenitalia, con il totale controllo della Tsf (Tele Sistemi Ferroviari S.p.A. - azienda italiana che opera nel campo dell'Information Technology, nata nel 1997 dalla Divisione Informatica delle Ferrovie dello Stato) ha deciso di puntare su nuovo personale ad assumere con contratti di apprendistato, dunque meno costosi dei precedenti. Le operatrici licenziate non saranno reinserite, in quanto sul loro Contratto nazionale non era presente la clausola di salvaguardia sociale che prevede, nel cambio di appalto, il riassorbimento dei lavoratori.
Se è possibile riscontrare un simile atteggiamento nel rapporto dipendente - datore di lavoro già negli anni passati, sembra che oggi (forse marciando con la parola passepartout "crisi") si stia aprendo un nuovo capitolo per i lavoratori italiani, in cui diritti e sicurezza vengono aboliti nell’ottica di un “bene dell’azienda”. Sembra, insomma, sia iniziato un viaggio senza ritorno certo.

AB